venerdì 17 dicembre 2010

DI NOTTE NON RUSSO, BRUXO!

Ogni epoca porta con sé nuove patologie, che diventano quasi 'di moda'.


Una ipocondriaca come la sottoscritta (vi consiglio caldamente 'Io sono ipocondriaco' di Dennis Dicaludio, libretto fantastico che analizza oltre cinquanta fra le più terribili e sconosciute malattie corredate da sintomi spesso sottovalutati, dalla progeria, all'idrofobia, all'insonnia fatale), non poteva restare indifferente a una delle piaghe d'Egitto che affligge la nostra società: il fenomeno del BRUXISMO.

Di questa nuova spada di Damocle fino a due anni fa non ne avevo mai sentito parlare, ma oggi, ahimè, mi rendo conto di venire sovente esclusa dalle conversazioni tra amici perché non ho un bite personalizzato. Non mi sentivo così discriminata dall'età di 10 anni, quando mia madre non voleva comprarmi la Barbie Fior di Pesco.

Vi riporto da Wikipedia:

“Dicesi bruxismo, da 'brùko', il digrignamento dei denti dovuto alla contrazione della muscolatura masticatoria, soprattutto durante il sonno. Generalmente viene considerato come una parafunzione, ovvero un movimento non finalizzato a uno scopo (vorrei ben sperare!).
Al momento non esiste una terapia specifica per questa condizione ma vengono utilizzati degli opportuni dispositivi, detti bite, (ecchallà!) che possono essere duri o morbidi a seconda delle necessità, che proteggono di notte i denti dall'erosione”.

Il processo di emarginazione nei miei confronti ha subito un'ulteriore impennata quando ho appreso, mio malgrado, che l'argomento principe delle serate non era più il DR House ma il DR Brux, bite automodellante che “puoi scegliere nel colore che più ti piace”.

Il particolare che m'inquieta, è che su internet si legge che chi soffre di bruxismo nella maggior parte dei casi cela “un'aggressività trattenuta e accumulata da tempo, con fantasie di attacco e/o vendetta”.

Pivella a me, che finalmente mi ero decisa a chiedere a Babbo Natale un iPhone 3 o 4, visto che l'imperdonabile mancanza mi aveva già destinata al cerchio dantesco dei 'Virtuosi non battezzati'.

Non sia mai mai che questa nuova razza di bruxisti dai denti erosi e aguzzi sfoghi l'ira funesta su di me. A questo punto, meglio infilarsi lemme lemme nel cerchio degli ignavi...

Per fortuna sono ancora in tempo per una rettifica:

“Caro Babbo Natale, a malincuore ti chiedo di tenerti pure il mio iPhone nuovo di zecca, e di farmi trovare sotto l'albero, se ti è possibile, uno di quei DR. Brux, magari nei colori della bandiera d'Italia. Ti ringrazio per la tua disponibilità e pazienza,
Serena”.

giovedì 15 luglio 2010

TOCCATA...E FUGA!

Oggi a pranzo con l'Alice si parlava - caso più unico che raro - di uomini.

In fin dei conti, è un attimo passare dai commenti sulle mezze maniche alla salsiccia marchigiana a quelli sulle ...mezze cartucce.

Eh, sì, perchè, noi donne siamo giunte a una conclusione: la maggior parte degli uomini non sa toccare. Non sa usare le mani e soprattutto… le dita.

E’ un tantino imbarazzante affrontare questo argomento così delicato (ghigliottina a chi segnala il post a mia madre), ma, mi chiedo: possibile che tra tanti corsi farlocchi del tipo ‘come diventare un asso del poker on line’ o ‘come prepararsi per il viaggio al Polo Nord in cerca dell’oca delle nevi’, o ‘come fare al tuo bonsai il taglio di Valentino Rossi’, nessuno, ma dico, nessuno abbia pensato di tenere un corso base su ‘come toccare una donna con mani di velluto e non di ghisa?’.

Uomini. Concentratevi e fatevi un esame di coscienza. Siate sinceri. Quante donne, nel momento dell’approccio ‘manuale’ si sono concesse per più di 5 minuti?

Quante volte invece vi hanno lanciato frasi ermetiche del tipo: “Ahhh, oddio, fantastico, ma ora baciami/scopami/cambiamo posizione/lascia fare a me & affini? Ecco, sappiate che l’ermetismo è presto svelato: mi siete un po’ scarsini nel ‘tocco’!

E pensare che ‘tocar’ in spagnolo significa suonare, far vibrare…Ecco, se la donna non emette nessun suono e l’unica vibrazione che sentite è quella del suo cellulare, è il momento di correre ai ripari.

Ragazzi, una regola: quando approcciate al nostro ‘punto caldo’, non potete farlo come se steste giocando a mora cinese. Lì dentro, sasso, forbici, rete…non funzionano. E non potete nemmeno pensare di essere la reincarnazione di Capitan Uncino.
O peggio, di Nightmare! E tagliatevi ‘ste unghie! (i chitarristi tengano il mignolo ben lontano, ndr).

Per farvi capire meglio come ci si sente, vi riporto quello che dicevo al mio ex fidanzato quando si lanciava maldestramente come un falco sulla preda: “XXX, non così! Mi fai venire in mente mia nonna mentre tirava fuori le uova dalla gallinaaa!”.

Ormai è un trauma: appena qualcuno non mi tocca nel modo giusto, penso subito a quei caldi pomeriggi passati in cortile con la nonna, alle povere galline tutte sudate che covavano. E alla nonna che cercava di aiutarle ficcando due dita… vabbè credo che il concetto sia chiaro.

Ecco, amici di sesso maschile, se volete veramente migliorare la qualità della vostra prestazione, provate a concentrarvi su questa piccola cosa: siate delicati, attenti, ascoltate il corpo di una donna e quello che vi comunica, non pensate solo a sgranchirvi le dita.

Con questo non voglio dire che anche le donne non abbiano bisogno di corsi intensivi, soprattutto di sesso orale: mi è stato riferito di certi… pompini (si può dire?) a cocorito (testa su e giù in automatismo) e a criceto (manine che non si staccano un attimo) che effettivamente vanno un po’ rivisti. Ma di questo magari parlerò un’altra volta.

Potrei dilungarmi in altri utili suggerimenti, ma per ora volevo lanciare solo un sassolino (fermi con la mora cinese!).

Allora...Un saluto speciale a tutti quelli che sanno toccare una donna, che, purtroppo, per ora si contano sulla punta delle …dita.

sabato 19 giugno 2010

Weeeee are the champioons...

La situazione mi sta sfuggendo di mano: lo ammetto, ho una DIPENDENZA.
A dirla tutta, non mi sarei mai accorta di avere un 'problema' se la mia coinquilina Alessandra non me l'avesse fatto notare con un certo imbarazzo dopo avermi sentita parlare da sola nel salotto.
Oh, sia chiaro, non è che sono impazzita.
Non ero proprio sola. Stavo...diciamo...parlando ad alta voce...con i miei...campioncini.

Da dove comincio? Tutto è iniziato un po' per caso, un po' per necessità. Da pochi anni a questa parte, le riviste femminili inseriscono nelle loro pagine campioncini di cremine meravigliose e fondotinta. Ovviamente, li ho sempre custoditi con cura e usati a tempo debito.
Il fatto è che col tempo ho cominciato a desiderarne sempre di più, ad accumularli, a sognarli la notte. Sogno di tuffarmi in una stanza con montagne di campioncini così come Zio Paperone si tuffava di testa tra le sue monete.

Ma in fin dei conti, come si fa a non amarli? Già il nome...campionicini...è così vincente!
Pensateci. Sono comodissimi in caso di brevi viaggi, le mini-dosi fanno risparmiare un sacco di spazio. E poi, non ci si annoia mai con la stessa crema, o lo stesso bagnoschiuma. Profumi e consistenze sempre nuove.

Essere campioncini-dipendente è un lavoro. Mi sono organizzata così.
Fonte primaria: il mio pusher G.Tarantino, altrimenti detto il farmacista di Ripa di Porta Ticinese. Pivelli che siete, scommetto che non sapete che quasi tutti i farmacisti hanno nel retro bottega VALANGHE di bendiddio. L'adorato Tarantino ha una vera e propria Stanza dei Campioncini, alla quale, ahinoi, hanno accesso pochi eletti.
Ho affinato una tecnica infallibile. Entro in farmacia con boccuccia corrucciata, dico che sono un po' triste, che gli uomini non mi capiscono e che avrei proprio bisogno di coccolarmi un po'. A quel punto Tarantino mi indica col ditino la porticina magica. Non me lo faccio dire due volte. Mi ci fiondo come Dan Harrow sul cestino del cibo all'Isola dei Famosi. E riempio la borsa di tutto ciò che mi capita sottomano. Ho poco tempo, non voglio che pensi che sono avida. Per questo non posso scegliere.
A casa, poi, passo in rassegna la mercanzia. Raccatto una media di 50 campioncini a raid. A volte, a malincuore, sono costretta a cedere qualcosa. Per esigenze di spazio, ho dovuto liberarmi dei campioncini di dopobarba e di pasta per la dentiera. I sieri anti età da uomo sono in stand by.

All'inizio, tenevo i miei piccoli tesori in una borsina delle spesa Esselunga gialla, che mi trascinavo per casa come la coperta di Linus. Poi, siccome l'Alessandra mi dava della barbona, li ho messi tutti in un cesto di vimini bianco che ho posizionato ai piedi del letto, così, se fatico a prendere sonno, ci caccio la mano dentro e mi trastullo un po'.

A un certo punto la mia 'collezione' è cresciuta esponenzialmente, e così, quando Babbo Natale (sempre l'Alessandra) mi ha chiesto cosa volessi come regalo, ho pensato a una genialata: un mega contenitore a scomparti di Muji.
Ragazzi, mi è cambiata la vita. Ho catalogato tutti i campioncini suddividendoli per finalità. Ora mi basta aprire i cassetti per scegliermi al volo il contorno occhi o la crema viso più adatta a seconda del tempo.
Certo, la situazione non è risolta al 100%. Purtroppo a volte le aziende mi fanno dei campioncini ibridi, e lì è un casino perchè non so dove inserirli. Sono stata costretta a creare una categoria di 'mixed' che non mi dà soddisfazione. Ma tant'è.

Ah, giusto, dimenticavo le fonti secondarie.
Le riviste, alla fine, con un campioncino solo mi aprono il chakra. Bisogna puntare sui negozi, sulle profumerie. Se non ho niente da acquistare, io entro comunque, e con piglio sicuro. Fingo di stupirmi davanti alle novità di prodotto come Laurenti quando vede Madre Natura. Nei casi più ostici abbozzo anche una mezza sindrome di Stendhal. Dopo essermi sorbita la pappardella della commessa, che a quel punto si convince di avere tra le mani una gallina da spennare, chiedo con nonchalance un paio di campioni prova perchè, siccome ho la pelle molto delicata, voglio essere sicura di prendere il prodotto giusto. A quel punto non può dirmi di no.
La parte più difficile è ostentare una certa indifferenza quando la poveretta mi mette tra le mani i campioncini.
Più volte ho rischiato di far saltare la copertura di 'donna tutta un pezzo' per un improvviso rigolo di bava alla vista di un siero rimpolpante Dior o di un Estee Lauder Advanced Night Repair in formato mini. Con l'esperienza ho imparato a controllarmi e ad aspettare di aver girato l'angolo della strada per fare la òla da sola.

Ho dimenticato qualcosa? Ah, sì. Se digitate su google 'campioncini' gratis o omaggio, vi vengono segnalati i siti di aziende magnanime che ve ne inviano alcuni. Ovviamente, in preda a un raptus ho scritto a tutte senza distinzioni fornendo l'indirizzo di casa dei miei. Ogni tanto arriva qualcosa, dal mangime per gli uccelli al Gourmet Diamant per gatti, dal carbone vegetale all'ananas brucia grassi. La settimana scorsa mi sono arrivati dei pannolini Tena da uomo per l'incontinenza.

Ultima spiaggia, un giorno in cui ero particolarmente a corto, ho lanciato un appello su Facebook: "Adoro i campioncini, mandatemeli!". Due o tre ragazzi hanno risposto all'accorata richiesta inviandomi molto carinamente delle buste-sorpresa piene di cremine.

Insomma, questo è tutto. Avrei molti altri aneddoti, ma mi sono già sputt...ehm, scoperta abbastanza. Farò una Part II parlando delll'incubo della scadenza, o della delusione del campioncino mezzo vuoto.
In fondo, al mondo ci sono dipendenze peggiori. Non fumo, ad esempio. Bevo quasi sempre moderatamente. So dire NO alla Nutella.
Se qualche volta parlo con i miei campoincini... non è così grave. No?

Vado a dormire. Ora che ci penso, qui a casa dei miei, non ho un contenitore per campioncini.
Va bene che ci sto poco, ma è una follia. Domani vado da Zara Home.

martedì 6 aprile 2010

UNA QUESTIONE DI... ETICHETTA


Sono una lavativa e me ne vergogno. Mi ero ripromessa di scrivere, ogni tanto, ma noto con orrore che l'ultimo post risale a dicembre 2009. Cilicio per me.
Per inaugurare l'anno nuovo, mi servirebbe un argomento bomba, interessante, intelligente.
E invece no.

DEVO assolutamente parlare di biancheria intima. Il mio cervello mi trasmette solo questo input.
Ci ho riflettuto un po', dopo un post che avevo pubblicato su Facebook.
Bisogna fare qualcosa. Brevettare una soluzione. Trovare rimedio a questa piaga dell'umanità.
Il problema è uno solo: l'ETICHETTA sui reggiseni e soprattutto, sugli slip (per intenderci, quella che dà indicazioni sul lavaggio).

Ogni volta che mi compro un completino nuovo, scatta l'incubo del taglio dell'etichetta, manco fosse un taglio del nastro che dà il via ai festeggiamenti.
Si tratta di un'operazione alquanto delicata e che dà quasi sempre risultati insoddisfacenti.

Occorrono:
- una forbicina per unghie (le forbici normali sono vivamente sconsigliate, finisci quasi sempre per bucare il tessuto e la mutanda è sputtanata)
- una mascherina da chirurgo (che, se vogliamo, non serve a nulla, ma ti fa entrare nella parte e ci sono buone probabilità che tu sia più precisa)
- occhiali da vista CON ZOOM

Ecco, ora...Silenzio, che se mi deconcentro è un casino. Con la forbicina seguo scrupolosamente il bordo dello slip, là dove la bestia infernale è stata cucita CON IL FILO DI FERRO. E' un'operazione rischiosissima, bastano... un attimo di distrazione, una mano troppo sicura e spavalda, o un brivido felino e la brasiliana è da buttare. (traduzione istantanea per uomini: brasiliana = modello di slip, non culo parlante proveniente dal Brasile).

Quand'anche il taglio mi venga decentemente, restano sempre dei filuzzi bianchi o un bordino microscopico che comunque mi sballano l'armonia dei cinque sensi. Non ce n'è.
E non mi venite a dire che ora alcuni modelli hanno l'etichetta con il tratteggio per facilitare il taglio... Certo che ce l'hanno, ma il bordino bianco malefico resta comunque. IO LO ODIO.

Insomma, che senso ha spendere fior di soldi per delle mutandine sexy, bellissime, trasparenti ma non troppo, MA ABBASTANZA PERCHE' SI VEDA IL CAZZO DI BIANCO DELL'ETICHETTA?

Dai, non si può guardare. Per non parlare, poi di quando esce dai pantaloni. Alla gogna! L'etichetta va tolta. Non ci piove. Anche perchè prude e fa venire l'eritema. Nella mia graduatoria, la metto al secondo posto nella top ten delle cose (animate e inanimate) assolutamente inutili. Al primo ci sono i piccioni. Al terzo, Berlusconi.

Che questo blog dia voce al mio accorato appello: non vogliamo più essere schiave di un'etichetta.

Tanto, alla fine, le mutande le laviamo tutte allo stesso modo. Scrivete tutto su una bella etichetta di carta, che così, quando la buttiamo, la mettiamo pure nel bidone del riciclo.

Vi prego di diffondere questo mio messaggio.

Serena, che non vuol essere etichettata.